2004
La quarta edizione
del Festival della Tradizione di Praiano prevede cinque
appuntamenti con differenti culture regionali, che vanno dal
Salento e la Sicilia al Canton Ticino. Come per i sedici concerti
delle edizioni precedenti, i gruppi sono stati scelti seguendo un
rigoroso criterio che mira all’individuazione di linguaggi
attuali, personali, e di artisti capaci di rappresentare o di
rappresentarsi. Da sempre sono stati banditi il falso spontaneo,
la decontestualizzazione rituale e il divismo da propaganda
mediatica. La “proposta” è decisamente più interessante e sincera,
quindi popolare e tradizionale, della “riproposta”.
Il primo
appuntamento in programma è “Salvamm’ ‘o munno”, un
concerto/progetto che già da tre anni porta in giro la poetica
musicale e sociale di un grande artista napoletano, Enzo Avitabile,
il quale ha sentito la necessità di fondere il suo personale stile
con la carica apotropaica del ritmo dei Bottari di Portico, gruppo
che nel 2001 aprì la prima edizione del Festival della Tradizione
e ritorna “a grande richiesta”. Il risultato di questa
“de-contaminazione” è un “sound” estremamente efficace e
significativo, i testi di Avitabile riguardano il vissuto di noi
contemporanei e spingono alla riflessione sulla colpevole
indifferenza che lascia via libera agli orrori di ogni tempo e di
ogni luogo.
Il gruppo Taricata,
sulle scene da ben ventisei anni, presenta le tradizioni musicali
pugliesi dell’area brindisina. Le danze e i canti di quella zona
sono caratterizzati dal largo impiego di tonalità minori e
dall’uso virtuosistico del mandolino.
Il duo Verbanus,
zampogna e ciaramella dall’estremo nord d’Italia, è in programma
alla vigilia di ferragosto, proprio a sfatare il binomio
zampogna/Natale. Il duo, infatti, affronta con rara disinvoltura
generi molto diversi tra loro, per stile, carattere e provenienza,
e prosegue il lavoro di divulgazione sulle potenzialità della
zampogna già iniziato a Praiano da Pino Salamone, suonatore di
zampogna e surdulina di tradizione lucana/arberësh, mite e
signorile rappresentante del più puro linguaggio tradizionale e
detentore del segreto di quel “Tempo giusto” di chopiniana
definizione, e da Piero Ricci, geniale innovatore e indiscusso
virtuoso dello strumento.
Il gruppo sannita
Sancto Ianne si inserisce nella linea di continuità della
tradizione popolare urbana del sud Italia. Il linguaggio è,
infatti, lo stesso di quello dei più autorevoli gruppi
protagonisti del folk revival campano degli anni ‘70, ma si
caratterizza per una maggiore cura strumentale ed esecutiva, per
una “contaminazione” a larghissimo raggio che attinge timbrica e
moduli espressivi dall’intero panorama della world music, per la
predominanza dell’elemento narrativo e per una buona carica di
ironia nei riguardi del materiale tradizionale convenzionale,
rivisitato con nuova valenza simbolica, storica e di denuncia.
Alfio Antico, da
sempre identificato quale “incarnazione di Dioniso”, è l’emblema
della musica tradizionale siciliana. La sua è una presenza non
solo musicale, ma anche teatrale e poetica. Il suo modo di suonare
i tamburi, che parte dalla tipica maniera siciliana, è unico. La
sua tecnica strumentale è varia e complessa: Alfio, come nessun
altro, riesce ad utilizzare simultaneamente la percussione sulle
diverse zone della pelle e la messa in vibrazione dall’impugnatura
in strutture poliritmiche estremamente rapide, ma è anche capace
di suonare con grande sobrietà cercando la più intima voce dei
suoi strumenti.
Antonio Porpora
Anastasio
direttore
artistico
|
Enzo Avitabile
& Bottari di Portico
SALVAMM’ ‘O
MUNNO
Enzo
Avitabile - voce, sassofono, ciaramella
Carmine
Romano - capopattuglia
M. Roggiero,
L. Saggiomo, G.B. Vendemia - botti
S. Guida, G.
Lauro, M. Piccirillo, F. Viscuso - tini
P. Iodice, A.
Saggiomo - falci
Piero Gallo
- mandola
Carlo
Avitabile - tamburi
Mario De Rosa
- chitarra battente
Alfonso
Adinolfi - basso
Lorenzo
Federici - tromba
Sasà Priore
- tastiere
Enzo Avitabile,
sassofonista, dopo aver suonato con Peppino di Capri, Edoardo
Bennato, James Senese e Pino Daniele, è stato tra i primi a
mescolare gli umori e i colori propri della cultura napoletana con
i ritmi e le sonorità della musica nera. In viaggio perenne tra
l’America nera, i villaggi africani e i sentieri più veri del
nostro mediterraneo, ha incontrato sulla sua strada James Brown,
Richie Havens, Africa Bamabaataa, Tina Turner, Randy Crawford
etc., per giungere agli incontri di oggi con Mory Kante,
l’algerino Khaled, la palestinese Amal Murkus, Manu Dibango, Hugh
Masekela, Amina, Baba Sissoko, Simon Shaheen e, infine, i Bottari.
Enzo Avitabile propone musica che sembra nascere dalla terra
stessa, le sue scelte musicali e i suoi testi sono di una
intensità che a volte diventa sofferenza e altre gioia. Ciò lo
lega indissolubilmente ad una fascia di pubblico costituita da
coloro che sono vicini alle persone che soffrono nel mondo, perché
dalla sofferenza e dal bisogno nascono le emozioni più vere.
Il gruppo tradizionale
I Bottari di Portico nasce a Portico di Caserta, nel cuore della
Campania contadina, da un’idea di Pasquale Romano. Botti, tini e
falci sono usati sia per scandire arcaici ritmi processionali sia
per accompagnare i canti tradizionali legati alla coltura della
canapa in Terra di Lavoro. Si narra che tutto abbia avuto inizio
dal fatto che i contadini, nel tentativo di scacciare gli spiriti
maligni dagli angoli bui delle loro cantine, percuotevano
freneticamente gli oggetti e gli attrezzi impiegati nel quotidiano
lavoro nei campi. Questo rituale si ripeteva anche all’aperto, per
propiziare un buon raccolto, e durante le tradizionali fiere
agricole, per evidenziare la robustezza degli attrezzi e per
attirare l’attenzione dei passanti. I ritmi caratteristici sono
quelli della “pastellessa”, violento e ossessivo, della “musica
dei morti”, lento e cadenzato, e della “tarantella”, sul quale
sono intonati i canti tradizionali.
Taricata
Silvana
Gagliani
- canto
Giuliana Gagliani
- canto
Mario Leo
- canto, castagnette
Mimmo Gialluisi
- canto, tammorra
Stefania Ancora
- ballo
Franco Gagliani
- mandolino, chitarra
Vincenzo Gagliani
- flauto, tammorra
Nico Berardi
- zampogna, chitarra
Fabio Di Viesto
- chitarra acustica, chitarra battente
Mario Ancora
- organetto, fisarmonica, chitarra, mandolino
Salvatore Ancora
- contrabbasso, basso acustico
“Taricata” significa
“radice” e contraddistingue l’intento dell’ormai storico gruppo
salentino che, dal 1978, si dedica alla ricerca, allo studio e
alla diffusione di pizziche, musiche e canti sia tradizionali che
di nuova produzione. L’area di provenienza è San Vito dei
Normanni, in provincia di Brindisi. Nel gruppo convivono tre
generazioni di musicisti, altri si sono avvicendati durante
ventisei anni di attività, tuttavia la solidità del gruppo è data
dalla stabile presenza, sin dalle origini, di Mario Ancora,
responsabile musicale dell’ensemble ed autore degli arrangiamenti
e del repertorio originale.
Taricata ha al suo
attivo oltre mille concerti in Italia e all’estero, numerose
partecipazioni radiofoniche e televisive, nonché registrazioni ed
incisioni discografiche in studio e dal vivo, fra cui: “Pani amaru”
(1980), “La Taricata” (1979), “Sammartinu” (1987), “Pizzica ti
Santu Vitu” (1982), “Pizzicanova” (2002).
Durante questo lungo
periodo di attività, il gruppo ha collaborato con personalità del
mondo musicale come: Roberto Pregadio, Eugenio Bennato, Eduardo De
Filippo, Daniele Sepe, Yoice Lussu, Baldin Ahmad, Fuad Aziz,
Gianfranco Degli Esposti.
Verbanus
duo
Carlo Bava
- ciaramella
Ilario
Garbarini - zampogna
Ilario nasce e vive
nelle valli del Canton Ticino, Carlo sulle rive italiane del Lago
Maggiore. Li unisce la passione per la musica, e, simbolicamente,
l’acqua che fluisce dai torrenti e scende verso sud attraverso il
lago. Da questa immagine nasce il nome del Duo Verbanus, come
l’antico nome del grande lago prealpino, oggi più conosciuto come
Maggiore.
Il duo nasce nel 1999
con un classico repertorio di musiche per il Natale. Ben presto,
però, le possibilità armoniche e melodiche di zampogna e
ciaramella, accompagnate dalla voglia di ricercare nuove sonorità,
fanno sì che la scelta si orienti verso altre musiche, le quali
permettano di rivalutare questi strumenti in altro modo. Essi sono
a pieno titolo veri e propri strumenti musicali, e non solo
colonna sonora natalizia o tradizione folcloristica. La leggenda
vuole che San Francesco li abbia inseriti nel suo primo Presepe, e
per secoli gli zampognari sono scesi a valle in occasione delle
novene natalizie. Questi strumenti, più che millenari, sono giunti
a noi praticamente inalterati nella loro arcaicità proprio grazie
a questa tradizione, ma la loro voce particolare è capace di
creare atmosfere suggestive in qualsiasi momento dell’anno.
Accanto
al repertorio di musiche tradizionali (tarantelle, pizziche,
ninne-nanne e ballate), Verbanus sperimenta con successo
l’utilizzo di zampogna e ciaramella, caratteristici strumenti del
Sud Italia, per l’esecuzione di musiche popolari, corali e
classiche, di Canton Ticino, Nord Italia, Francia, Germania ed
Inghilterra.
Sancto
Ianne ensemble
Gianni
Principe - voce, castagnette
Ciro
Schettino - chitarre, mandoloncello
Raffaele
Tiseo - violino,
bouzouki
Sergio
Napolitano - fisarmonica, percussioni
Gianni Cusani
- basso acustico
Alfonso
Coviello - tammorre, tamburello,
percussioni
Il gruppo Sancto Ianne
nasce nell’estate del 1995 a San Giovanni di Ceppaloni, in
provincia di Benevento, dall’incontro di sei musicisti che,
animati dalla forte passione per le tradizioni popolari, decidono
di rielaborare i materiali sonori della propria terra utilizzando
un linguaggio molto personale ma sempre rispettoso delle
memorabili lezioni del “passato”. Sancto Ianne impiega strumenti
tradizionali, ma con la forza ed il vigore di una rock band capace
di dare il meglio di sé nelle esibizioni live, delle vere e
proprie maratone di musica e ballo sfrenato a base di tammurriate
e tarantelle alternate ad un mix di brani tradizionali celebri e
composizioni originali.
Nell’estate del 2001
il gruppo ha vinto l’European Folkontest a Casale Monferrato e,
nello stesso anno, ha partecipato al Festival Interceltique de
Lorient in Francia ottenendo il “Trophée Dagan Celtic Cider” come
migliore formazione non celtica partecipante. Da allora il gruppo
ha partecipato alle più importanti manifestazioni e rassegne folk,
fra cui: Druga Godba Festival (Lubiana), Folkest (Friuli),
Risonanze (Venezia), Festival Internazionale della Zampogna
(Scapoli), Di Nuovo Musica (Reggio Emilia), Impakt Festival
(Utrecht), Monsano Folk Festival, Ethnos (Torre del Greco),
Benevento Città Spettacolo, Festival Mundial de Danses
Folkloriques (Palma de Mallorca), Orte di Note, Stagione
Concertistica dell’Accademia Chigiana (Siena), Leuciana Festival
(Caserta).
Sancto Ianne ha
realizzato due lavori discografici (“Tante bannere, tanti padrune”
nel 2000, “Scapulà” nel 2002) ed è presente nelle antologie:
“Tribù Italiche, Campania” (2002), “Las Musicas de Italia” (2003)
e “Folk Geneticamente Modificato” (2003).
Alfio Antico
quartet
Alfio Antico
- tammorre,
canto
Luigi Polsini
-
viella, lyra, saz, ud
Sandro Pippa
-
percussioni
Amedeo Ronga
- contrabbasso
Alfio Antico ha
vissuto fino all’età di diciotto anni facendo il pastore fra le
montagne dell’entroterra siracusano e respirando, in una vita non
certo priva di durezze, le favole, le storie e i miti della
cultura contadina e pastorale. I suoni delle seicento campane del
suo gregge e il suono del magico tamburello che la nonna usava per
scacciare i mostri della solitudine, sono gli elementi alla base
della sua sensibilità musicale e poetica. Successivamente Alfio
parte alla scoperta del mondo, ma succede che è il mondo a
scoprire lui.
La musica:
Musicanova, Edoardo Bennato, Lucio Dalla, Fabrizio De Andrè, Peppe
Barra, Renzo
Arbore, Vinicio Capossela, Piero Ricci, la N.C.C.P. Il teatro:
Maurizio Scaparro, Pino Micol, Giorgio Albertazzi, Massimo
Ranieri, Ottavia Piccolo, Roberto De Simone. La danza: Amedeo
Amodio, George Iancu, Vittoria Ottolenghi. Partecipazioni a
trasmissioni radiofoniche e televisive. Concerti dappertutto.
Alfio ha oltre
settanta tamburi, tutti fabbricati da sé e intarsiati con antichi
segni e immagini di divinità agresti. La sua continua ricerca l’ha
condotto a sperimentare l’unione tra il genere tradizionale e gli
stilemi della musica medioevale. Essendo anche un cantastorie, la
sua voce e i suoi tamburi riescono a fondersi perfettamente con
gli antichi modi dei menestrelli. L’ambientazione arcaica dà nuova
forza ai suoi racconti, e il risultato è estremamente suggestivo.
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